L'ultimo di discorso da Sindaco di Bellusco di Roberto Invernizzi |
Mio commento.
Anche il discorso ufficiale per la celebrazione della Festa della Liberazione tenuto dal Sindaco Roberto Invernizzi di Bellusco merita di essere segnalato.
Perché non solo ben scritto vibrante e appassionato ma anche perché l'ultimo discorso dopo dieci anni di servizio alla sua comunità. Confrontandolo con quello del nostro Sindaco Carla Della Torre clicca qui è certamente più istituzionale meno polemico ma non per questo meno efficace ed emozionante.
Quello di Carla pare composto più dal cuore che dalla testa: Roberto, invece, segue una strada diversa: usa la testa ma centra senza fallo il bersaglio; colpisce e a fondo il cuore di tutti noi. Stili diversi ma medesimo risultato.
Grazie Sindaco e attuale Presidente della Provincia di Monza e della Brianza Roberto Invernizzi: certe volte, bada bene solo certe volte, è bello e fa molto piacere scoprire di avere vicini di casa così. Oggi sono assolutamente d'accordo con te Primo cittadino tra i Belluschesi , per sano e positivo campanilismo simpatici nemici/amici della mia Sulbiate. Ma, non si illuda troppo Presidente, solo per oggi da domani ognuno al suo posto.
Oggi invece mi unisco a te, a voi, per gridare più forte che si può: "...ora e sempre Resistenza. W la festa di liberazione, w la Resistenza, w l'Italia."
Oggi invece mi unisco a te, a voi, per gridare più forte che si può: "...ora e sempre Resistenza. W la festa di liberazione, w la Resistenza, w l'Italia."
Ecco quali saranno le ultime parole del Sindaco Invernizzi orgoglio, memoria, lascito e eredità da tramandare alle nuove giovani generazioni, a chi verrà dopo di lui, dopo di noi.
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"Concedetemi di condividere l’emozione nel parlare davanti a voi, per l’ultima volta come Sindaco del mio paese.
Emozione ancora più forte di quando, ormai dieci anni or sono, per la prima volta cercavo parole che fossero all’altezza del compito che mi apprestavo a svolgere, essere sindaco di una comunità così speciale da essere unica.
E le parole non venivano, non riuscivo a trovare concetti adeguati, mi sentivo io stesso inadeguato.
E dovete credermi, la situazione non è di molto cambiata pur essendo passati tanti anni. Qui, accanto al monumento che ricorda il sacrificio dei belluschesi caduti durante le guerre ogni mio pensiero rischiava, rischia di essere vuoto, banale, inadeguato.
Allora ho cercato di capire di più, di documentarmi, di offrire spunti e stimoli, così da svolgere il mio ruolo con la massima dignità possibile, nel limite delle mie capacità.
Perché ho avuto la fortuna di comprendere, grazie a persone che mi hanno aiutato, l’importanza di taluni momenti, che è parte dei miei compiti di Sindaco essere strumento per fare memoria, di più, perseverare nel dare solennità alla memoria.
Ma evidentemente in tanti, io per primo, in questo abbiamo fallito.
Mi ha impressionato in questi giorni leggere che in molti, giovani e meno giovani, non sanno cosa si festeggia oggi. Allora è opportuno che ce lo ricordiamo, nessuno si senta offeso.
Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, fu emanato un decreto legislativo luogotenenziale che recitava: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale.»
Festa nazionale per la totale liberazione del territorio italiano.
Liberazione dal dominio nazifascista, dalla negazione della libertà che un ventennio di dittatura aveva imposto ad una intera nazione.
Non saperlo, non comprenderlo è offesa in primo luogo a chi ha sofferto, a chi si è sacrificato per la riconquista della libertà. Denigrarlo e non riconoscerlo ora come momento fondante della nostra Repubblica è vile e destabilizzante se chi compie questo atto deve essere, per ruolo e mandato costituzionale, perseverante nella trasmissione della memoria.
E non solo oggi ma certamente, con maggior solennità, oggi.
E poi a noi, a ciascuno, spetta il compito di agire quotidianamente pensando alla libertà che ci è stata donata, conservarla, difenderla, onorarla essendo noi stessi resistenti.
Oggi è una festa, come quella festa che scoppio nelle strade di tutta Italia nell’apprendere che la guerra era finita. Che si poteva ricostruire un paese, che la pace non era speranza ma la realtà di giorni nei quali disegnare un mondo nuovo.
Tanti errori, tante mistificazioni, tante incomprensioni che sono venute dopo non possono cancellare quella che è stata la resistenza e la guerra di liberazione.
Ecco, un altro compito che spetta a noi: rivalutare l’aspetto di unità che la liberazione portò con se. Diverse erano le sensibilità, probabilmente diverse le prospettive ma trionfarono i valori condivisi, gli ideali superiori in contrapposizione alle logiche di parte.
Anche qui, ogni giorno allora un modo per essere resistenti: cercare i motivi che uniscono e non gli interessi che dividono.
E confrontarsi, perseverare nello sforzo della memoria.
Ho avuto modo pochi mesi la fortuna di ascoltare la senatrice Liliana Segre che raccomandava a centinaia di studenti, attenti ad ogni sua parola, di essere candele della memoria, di impegnarsi perché i fatti della storia non finissero dimenticati.
Perché attraverso la conoscenza sarà impossibile il ripetersi di certi fatti di cronaca, il più aberrante dei quali avvenuto ieri a Milano.
Non rendiamoci corresponsabili di non aver fatto memoria, di aver relegato fatti storici a narrazione di parte: la dittatura, il dolore della guerra, i genocidi sono fatti storici la cui negazione non è possibile, la cui rilettura non può prescindere dall’affermazione della loro verità storica. Come ricordato dal capo dello Sergio Mattarella nel suo discorso incontrando le associazioni partigiane e combattentistiche non è possibile riscrivere la storia.
Oggi è una festa di pace, di pace riconquistata. E sempre usando le parole del presidente “Conoscere la tragedia il cui ricordo è ancora vivo ci aiuta a comprendere le tante sofferenze che si consumano alle porte dell'Europa che coinvolgono popoli a noi vicini”
E ci aiuta a riflettere sul valore dell’Europa unita, del sogno degli Stati Uniti d’Europa.
Nacque in un continente devastato dal conflitto l’idea di una Europa senza confini, regolata non dalla forza delle armi ma dai valori costruiti sulla propria millenaria storia, sulle convinzioni etiche e religiose passate attraverso il mirabile contributo di pensatori illuminati.
Quanto è attuale quel messaggio, quanto è reale la necessità di superare le divisioni e non dare spazio a propositi nazionalisti che portarono alla devastazione della seconda guerra mondiale.
Anni fa iniziai con un pensiero di Calamandrei. Ricordava la necessità di visitare i luoghi della resistenza per comprenderne pienamente il valore, condividere il sacrificio di molti.
Ora vi vorrei lasciare con un altro suo pensiero, un monito, un invito che spesso ricordiamo forse senza saperne l’origine. Quando il comandante delle forze di occupazione tedesche in Italia dichiarò che gli Italiani avrebbero dovuto dedicargli un monumento, Calamadrei scrisse in un componimento a proposito. Assicurava che se fosse tornato in Italia, il gerarca avrebbe trovato tutto un popolo,
intorno al monumento
che si chiama, ora e sempre,
RESISTENZA
W la festa di liberazione
W la Resistenza
W l’Italia."
Roberto Invernizzi - Sindaco di Bellusco, Presidente della Provincia di Monza e della Brianza.
Fonte sua pagina FB
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