venerdì 2 agosto 2013

33 anni fa la strage alla stazione di Bologna


Da Articolo 3 - Strage di Bologna 33 anni senza verità
... Poche ore dopo l'attentato, l'allora presidente del Consiglio Francesco Cossiga, senatore democristiano, parlò di un'esplosione avvenuta per cause fortuite. La posizione ufficiale del governo
era che, semplicemente, una caldaia dei sotterranei era esplosa. Ci volle del tempo prima che i rilievi e le testimonianze raccolte dimostrassero la verità: non s'era trattato di un incidente, ma di un crimine, che qualcuno, fin dall'inizio aveva tentato diinsabbiare. E Cossiga non fu certo l'unico. Nel tempo si imboccò la pista di una strage rientrante a pieno titolo nella strategia della tensione, quel periodo d'Italia in cui il terrorismo, le mafie, i Servizi e la massoneriadecidevano le sorti della popolazione, collaborando strettamente tra di loro e confondendo sempre più le acque, fintanto che della verità ultima non rimanesse traccia.
Non per niente, tra coloro che si videro successivamente condannati perdepistaggi compiuti in merito alla tragedia di Bologna ci fu Licio Gelli, uomo chiave della storia occulta d'Italia, che fu in grado di unificare sotto la sua figura Cosa Nostra, la Cia, la P2 e il terrorismo. E i Servizi italiani, il Sismi, i cui vertici, rappresentanti, nel contesto, da Francesco Pazienza, Federigo Mannucci Benincasa, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte -gli ultimi due tra l'altro entrambi affiliati alla P2-, inscenarono svariati episodi atti a depistare le indagini per concluderle nel minor tempo possibile. Tra i più gravi, vi fu il posizionamento, su un treno a Bologna, di una valigia piena di esplosivo e contenente oggetti personali di due estremisti di destra, uno tedesco e uno francese. Musumeci, inoltre, fece in modo di produrre anche un falso dossierin cui segnalava gli intenti stragisti dei due neofascisti.
La pista del neofascismo venne comunque battuta e, non solo, venne a portata a termine. Alla fine, l'ipotesi del terrorismo nero apparve come la più credibile e, 24 giorni dopo la strage, la Procura di Bologna arrestò 28 militanti di estrema destra, appartenenti al Nar. Tutti, compresi Roberto Fiore e Massimo Morsello, che poi divennero i fondatori di Forza Nuova, vennero scarcerati un anno dopo. Si dovette attendere fino al 1995 prima di veder scattare nuovamente le manette attorno ai polsi di qualcuno. Nello specifico, toccò a Giuseppe Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, entrambi militanti del Nar, che si videro infliggere l'ergastolo. Da sempre sostengono di essere innocenti; una tesi, questa, che trovò l'appoggio anche di Francesco Cossiga, il quale, con il trascorrere degli anni, annunciò di “essersi sbagliato” a imputare la strage alla destra: improvvisamente, secondo lui, l'ipotesi più plausibile era che si fosse trattato di un attentato del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, che trovava ragion d'essere anche nei rapporti che i servizi italiani intrattenevano con il Medio Oriente -e nello specifico con la Palestina- nell'ambito del cosiddetto “Lodo Moro”. Un'ipotesi rigettata da “Carlos”, un terrorista filo-palestinese, che, tempo addietro, di fronte a questa ricostruzione degli eventi, volle sottolineare come a Bologna a colpire furono piuttosto la Ciae il Mossad, per punire l'Italia e distoglierla dai propri interessi “antiatlantici” e “filoarabi”. D'altronde, ricordiamolo, appena trentacinque giorni prima si era verificato l'incidente di Ustica e, secondo questa tesi, il Dc 9 sarebbe stato colpito inavvertitamente mentre nei cieli sopra l'Italia si stava tenendo una battaglia aerea per difendere Gheddafi, in quelle ore in volo.
Le ipotesi sono tante e, nei 33 anni trascorsi, anziché ridursi fino a un'unica verità, si sono moltiplicate, ingarbugliando il quadro e rendendolo sempre più intricato. Depistaggi, false piste, mezze verità fanno da scenario alla strage di Bologna, così come accaduto spesso nel nostro Paese nei momenti più tragici, quelli che gli hanno inferto le più gravi ferite. I familiari delle vittime della stazione di Bologna, quella verità, la cercano ancora, e vorrebbero trovarla. Non si arrendono. Frattanto, nuovi arresti e nuove indagini sono state effettuate e compiute: nessuna ha portato a scoprire chi siano stati gli effettivimandanti dell'attentato. E l'unica certezza è che ciò non sia imputabile a un'incapacità da parte di chi di competenza, quanto, piuttosto, a un non volere che i nomi emergano, perché pericolosi, compromettenti, potenti e, probabilmente, fin'ora insospettabili.

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