lunedì 29 luglio 2024

Matteo Salvatore - Il primo cantautore flok italiano - La Storia by Recensioni Malsane Reloaded

Matteo Salvatore fu un cantautore folk, originario di Apricena, un comune della provincia di Foggia.

Matteo Salvatore


Fu un artista importante, scoperto e lodato da intellettuali, ma pure amatissimo dal pubblico più popolare. E negli anni ’60 fu di grande successo, anche a livello nazionale, se si considera la sua sterminata discografia, che include opere considerate di altissimo valore artistico e culturale e produzioni di quart’ordine caratterizzate da doppi sensi e destinate ad un pubblico meno esigente (e che purtroppo sono quelle più presenti su Spotify).
Matteo Salvatore era analfabeta, imparò da adulto a leggere e a scrivere, e visse i primi anni della sua vita nella miseria più assoluta (raccontava spesso di aver perso una sorella, morta per denutrizione).
Imparò da giovanissimo a cantare e a suonare la chitarra accompagnando un vecchio musicista girovago non vedente della sua zona, di quelli che all’epoca chiamavano “cantastorie”. Fu da lui che apprese gran parte di quel patrimonio musicale che poi lo rese celebre: un centinaio di antiche canzoni contadine, che venivano tramandate oralmente e che lui stilizzò con la sua caratteristica voce in falsetto e con il solo accompagnamento della chitarra.
Fu scoperto da Giuseppe De Santis, il famoso regista e sceneggiatore neorealista, tra i tavoli di un ristorante trasteverino dove Salvatore lavorava come posteggiatore e dove cantava canzoni della tradizione napoletana, e fu il regista il primo a incoraggiarlo a cantare “le canzoni della sua terra”, regalandogli ventimila lire e un registratore a bobine, con la promessa di registrargliene alcune.
E fu sempre De Santis che, entusiasta, lo introdusse negli ambienti di quella Roma intellettuale trasteverina, di registi e scrittori, che se lo contendevano per concertini in abitazioni private.
Fu invece Claudio Villa a metterlo per la prima volta sotto contratto, nel 1955, per l’incisione di alcuni 78 giri per l’etichetta VIS, di sua proprietà, e che ebbero un immediato successo, non solo di pubblico, ma che suscitavano curiosità e stupore anche negli ambienti accademici di ricerca etnografica.
Matteo Salvatore fu un cantautore ancor prima che il termine venisse coniato e aveva tutte le caratteristiche per essere considerato tale. Tra l’altro, molte delle canzoni, che lui spacciava per tradizionali, se le inventava lui.
Lucio Dalla lo definì il “Bob Dylan italiano”, Giovanna Marini “un profeta, un Omero dei nostri giorni”, Italo Calvino scrisse di lui: “Le parole di Matteo Salvatore noi le dobbiamo ancora inventare”. E sono solo alcuni dei tanti che si sono sperticati in lodi nel definire la grandezza di questo musicista.
Numerose anche le apparizioni in Rai, dove gli dedicavano interi programmi (ne trovate delle tracce su YouTube).
Le canzoni di Salvatore erano effettivamente di grande impatto, seppure folkloristiche e dialettali, possedevano quel tocco di raffinatezza stilistica, di minimalismo (voce e chitarra) che poi sarebbero diventati il marchio di fabbrica dei cantautori emersi da lì a poco. E avevano la forza di evocare atmosfere e scenari antichi e alieni alla cultura massificata.
Canzoni che raccontavano, anche con ironia, di povertà, di piccole storie contadine, di soprusi dei ricchi sui poveri, temi cari ai movimenti di sinistra di quegli anni. Ed era proprio in quegli ambienti che Salvatore era maggiormente apprezzato.
La carriera di Matteo Salvatore subì una brusca interruzione nel 1973, quando in un hotel di San Marino uccise la sua compagna e collaboratrice Adriana Doriani. Non furono mai chiarite del tutto le dinamiche che portarono all’accaduto, ma Salvatore fu condannato a 10 anni di carcere, poi ridotti a 7 in appello e poi diventati 4 per buona condotta.
Adriana Doriani era una donna colta e di estrazione borghese e fu più di una compagna per il cantautore (che per lei aveva abbandonato la moglie e i 4 figli): era colei che gestiva la sua carriera, le sue finanze, che lo incoraggiò a imparare a leggere e a scrivere, che si accordava per i contratti, ed era anche colei che lo accompagnava sul palco, come seconda voce. E se per tutti gli anni ’60 Salvatore godette di successo e di notorietà il merito era di questa donna. Salvatore, da solo non ne sarebbe stato capace: era diffidente, irascibile, incapace di gestire i suoi soldi, ma anche avido, truffaldino, inaffidabile, e incapace di comprendere del tutto una conversazione in italiano. La coppia viveva praticamente in simbiosi. Una simbiosi che si trasformò, per entrambi, in una gabbia che portò poi a quell’epilogo.
Il caso di cronaca che lo coinvolse, e che all’epoca riempì per settimane le pagine dei giornali, fece sì che il cantautore, negli anni successivi, non venisse più celebrato, ma anzi, boicottato dai media e dimenticato.
Fu riscoperto verso la fine degli anni ’90, ormai vecchio, malato e indigente (quando il folk ritornò di moda in certi ambienti musicali) e fu coinvolto in alcuni concerti e collaborazioni con Vinicio Capossela, Giovanni Lindo Ferretti, Teresa De Sio, Daniele Sepe, Moni Ovadia, e molti altri, che si impegnarono a farlo conoscere alle nuove generazioni e a divulgare la sua opera.
Morì nel 2005, a 80 anni, in un “basso” di Foggia, dove viveva, da solo, in affitto. In quella miseria da cui aveva sempre cercato di scappare.
In occasione della sua scomparsa Il Manifesto scriveva: “Chiunque lo abbia amato, non può non associare all’immagine della sua scomparsa quella di un’antica biblioteca che se ne va, divorata dalle fiamme”.
Per approfondire, vi consiglio la lettura di "Matteo Salvatore. L'ultimo cantastorie" di Beppe Lopez, che sembra la biografia più esauriente, e da cui ho ricavato queste informazioni.
Se siete curiosi sulla sua musica, vi consiglio inoltre la raccolta “Storie e melodie d’amore del Sud”, che, tra quelle presenti su Spotify, pare essere la più rappresentativa del cantautore.

Recensioni Malsane Reloaded  - Post d'origine clicca qui



Nessun commento:

Posta un commento