martedì 2 agosto 2016

Vimercate, trattori e vecchi palloni.

Il campo sportivo di Vimercate di via Principato, per me bambino degli anni fine ’60 inizio  ’70,  è sempre stato il campo sportivo di via Venticinque Aprile. 

Scoprì poi, molto più tardi, che l’entrata principale per accedere alla grande tribuna coperta era  in via Principato.

Per noi, quelli della “Banda di via Gussi” c’era solo il "muretto":  solo da lì, si poteva prima ammirare e desiderare, e poi, per i più coraggiosi,  accedere all'  interminabile  distesa di verde che era il campo da calcio. Potevo io non essere tra i primi?

Un campo da calcio vero, con due porte vere, fatte con legni bianchi veri,  squadrati e spigolosi,  con ancora segnati in gesso i limiti, il centrocampo e il dischetto del calcio di rigore e le aree, e se si era fortunati, magari con montate ancore le due reti, forse perché dimenticate da un custode frettoloso o perché ormai vecchie e non degne più di particolari attenzioni. 

Niente a che vedere con il campo da gioco che inventavamo tutti i giorni  in strada, sull' asfalto, con due barattoli o due cartoni  in via Gussi, o con quello, più bello sì dell’ oratorio di via Valcamonica, sempre disponibile, se non era occupato dai grandi, ma in terra battuta.

I grandi lo chiamavano il Comunale, ma per noi, io, Mario, Stefano, Gianpaolo, Claudio, Riki, Guido, Luca e altri ancora che ora non ricordo, insomma, quelli della “Banda di via Gussi” ,  Il Comunale, era avventura,desiderio, sfida del proibito. 

Come si poteva non rischiare e scavalcare quel muretto, che in un punto sembrava avere dei buchi sulla parete, preparati apposta per noi per rendere più agevole e facile il nostro furtivo compito, e godere e usare, di un vero verde e “gigante” campo da calcio per le nostre epiche e interminabili partite?

Poi, spiegare a casa il perché di quelle ginocchia o peggio ancora, dei pantaloni sporchi d’erba, sarebbe stato un problema, ma,  la fantasia che non mi è mai mancata, la tolleranza, la comprensione o meglio la pazienza di mia madre,  che capisco solo oggi, infinita, avrebbero certamente trovato la soluzione.

Seduto, in cima a quel muretto, poco distante dall'entrata del Parco Comunale, il Parco Gussi (il parco della omonima Banda citata prima), ho trascorso molte domeniche mattina, quando la mamma indaffarata a preparare il pranzo di mezzogiorno, il pranzo della festa, mi lasciava libero di scendere in strada. 

Stavo lì, spesso solo, in silenzio a gustare e a guardare la partita della Vimercatese o della DI.PO, ovviamente, sempre con a fianco un pallone, casomai avessi poi incontrato qualcuno della banda, per tirarci insieme due calci.

Ma, c’era un giorno dell’anno in cui le porte del  Comunale si spalancavano a tutti e il campo da calcio diventava qualcosa d’altro. 

Era il giorno della Fiera di Santo Stefano il 3 agosto.

In quel giorno tutti potevano entrare liberamente e calpestare quell'erba.

In quel giorno lì, c’erano esposti oltre ad alcuni animali ( già pochi allora),  una lunga teoria di trattori. Tanti, tantissimi trattori di tutte le dimensioni e di tutti i colori.
Ai miei occhi bellissimi, alcuni sembravano immensi, impossibili.

Ma , la cosa straordinaria, che rendeva quel giorno unico e memorabile,  è che i bambini, su quei trattori, ci potevano salire e sedersi al posto di guida, e giocare e fantasticare con loro. Alcuni erano così grandi che senza l’aiuto del mio babbo non sarei riuscito a salire.

Il pezzo più ambito era il trattore cingolato come un carro armato. 
Lì purtroppo bisognava avere pazienza perché la coda era sempre lunga, e se poi ti capitava la sfortuna di avere davanti un bambino particolarmente più capriccioso e maleducato, che non voleva sentire ragioni di scendere per fare posto ad altri, il tempo sembrava non passare mai.




Ecco perché sono contento che  Vimercate, grazie alla Pro Loco, stia rilanciando l’evento, un po dimenticato, della Fiera del 3 Agosto – Fiera di Santo Stefano.


Non so se negli stand dedicati alla macchine agricole ci saranno trattori.

Ma, non importa, va bene anche così; va bene lo stesso, perché tutto ciò che può essere utile a farci uscire di casa, a farci incontrare, e a ricordare, anche indirettamente, da dove arriviamo, cosa siamo stati, quali siano le origini, la storia, la cultura,  di un paese, di una città, è cosa molto importante, è cosa molto preziosa,  è cosa encomiabile e buona per cui è bene che ci si debba impegnare, insistere e non smettere mai.

Io, se ci riuscirò, mi porterò dietro anche il mio vecchio pallone.

Non ci fossero i trattori e se per caso o per sbaglio,  incontrassi uno della “Banda di via Giussi”, magari ci scappa anche una partitella, perché, dovesse riconoscermi, nonostante la pancia e l’età,  sono certo che non mi direbbe di no.

emmesse

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