venerdì 2 settembre 2016

Fertilità: meno slogan più welfare!


Renzi ieri ha dichiarato che non era a conoscenza della campagna pro fertilità voluta e lanciata dal Ministro Lorenzin. Il problema della crescita zero è innnegabile, è preoccupante, è grave e non si deve far finta di nulla. 

Ma, trovo l'errore di comunicazione talmente enorme che se Renzi avesse chiesto anche scusa, forse sarebbe stato meglio. 

Il Ministro Lorenzin, che ora veste i panni dell'ingenua e difende la campagna dicendosi stupita e amareggiata dalle critiche e dalle reazioni negative, sostenendo che in Italia parlare di fertilità è tabù, è imperdonabile. 
Per cercare di rimediare e salvare il salvabile  ha aggiunto: 

"Diciamo così: se non funzionano (ndr le cartoline, gli slogan), abbiamo ancora il tempo di cambiarle. Ma almeno, rispetto alle solite campagne ministeriali che nessuno ricorda, hanno avuto il merito di accendere l’attenzione sul tema".


Le cartoline della campagna e gli slogan

Imperdonabile perché il danno è stato fatto, perché queste cartoline contengono solo infelici slogan che offendono chi un figlio non può pensare di averlo/cercarlo per problemi ben diversi dai temi della campagna. 
Le questioni in ballo sono altre, ben più gravi, reali e oggettive. 

Non si risolvono con slogan ma con soluzioni: cosa intende fare il Governo per sostenere la nascita e la crescita di un bambino? Se giovani genitori sono precari non hanno un lavoro stabile come sostenerli nei primi anni di vita del bambino?

Insomma per aumentare le nascite in Italia: meno parole più fatti; meno slogan più welfare.

E penso ahinoi  che questo, il Capo del Governo Matteo Renzi, anche se non informato perché impegnato in altre questioni, lo sapesse già.

emmesse

Ecco la lettera al Ministro Lorenzin pubblicata su FaceBook da Cristina Maranesi che condivido e che riporto qui sotto per sua diffusione e conoscenza: 

Cara Lorenzin, per crescere un bambino non bastano un ovulo e uno spermatozoo ma serve una comunità che lo accolga e se ne prenda cura. Serve che i genitori che lo hanno messo al mondo siano felici e vogliano dare a quel bambino tutto ciò di cui ha bisogno, e possano farlo senza trasmettere frustrazione e rabbia verso il sistema in cui sono inseriti. E' necessario che il bimbo sia inserito in una comunità che garantisca tutto questo: la possibilità al bimbo, futuro cittadino, di crescere, andare a scuola, socializzare con gli altri, sviluppare curiosità e strumenti per affrontare la vita. Tutto ciò non è possibile se e quando la genitorialità (maternità o paternità che sia) non è consapevole, scelta, matura. E non è possibile se non ci sono asili nido, nursery aziendali, garanzie per la donna che rimane incinta di continuare a ricevere un bonifico costante fino a quando non potrà cercarsi un nuovo lavoro secondo i canoni della società in cui è inserita. La società italiana non consente alla donna di mantenere intatto il proprio lavoro tra il momento in cui rimane incinta e il termine dell'allattamento, la aziende italiane non danno i permessi di paternità facoltativi, chi fa i colloqui chiede alle donne tra i 25 e i 40 anni "lei è fidanzata?". I nonni italiani spesso non sono ancora in pensione o non hanno una pensione adeguata ad aiutare i nipoti, né sono tenuti a farlo dopo aver investito migliaia di euro nel pagare l'università e i progetti all'estero dei propri figli senza vederne i frutti.
I contratti di lavoro durano meno di una gravidanza e l'ISEE dell'anno prima, sulla base del quale sarà stabilita la retta del nido, non tiene conto del fatto che i soldi dell'anno prima a settembre li hai già finiti. Nel nostro sistema sanitario, non è possibile per una donna prenotare delle ecografie gratuite durante tutta la gravidanza in tutti gli ospedali indipendentemente dal reddito a differenza di quanto avviene, per esempio, in Gran Bretagna.
La fertilità non è un bene comune, la mia fertilità sono fatti miei, il bene comune sono i bambini e quello che può fare un ministero come il suo - e non solo - sono delle politiche per accogliere il bambino nella comunità. Per far sì che non vi sia un giudizio morale sulla madre che sceglie di lavorare con un bimbo piccolo, per far sì che gli orari dei nidi siano compatibili con gli orari lavorativi dei genitori e che le educatrici dei nidi non accusino le madri di essere usate come "parcheggio" se una mamma non finisce di lavorare alle 18. Perché i centri commerciali chiudono alle 22, i call center lavorano spesso fino a mezzanotte, le hostess lavorano H24 e tantissime donne e uomini vogliono lavorare in un centro commerciale, in un call center, in un aeroporto o magari è l'unico lavoro che hanno trovato.







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