Della serie: "L'insostenibile leggerezza delle parole (Parabole) di Don Marco, al secolo Ketz."
La
nebbiolina grigia sembrava gettare il suo colore su tutto ciò che si intravvedeva
dalla finestra della sala dove un gruppetto di ragazzi si era
radunato per il consueto incontro del sabato pomeriggio. Chiaramente
l’attenzione di ciascuno di loro era molto diversificata. Seduta con loro c’era
Zia Leti che stava leggendo a voce alta un brano di San Paolo: - “Abbiate in
voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli pur essendo nella condizione di
Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo
una condizione di servo diventando simile agli uomini.” -
Subito
intervenne Chiara: - Io non ho capito, cosa vuol dire che si svuotò?-
Significa
che non volle essere pieno dei suoi privilegi, ma si abbassò fino a noi
diventando uno di noi. Si è fatto uomo, appunto.
- Mah!
Secondo me è inconcepibile, da Dio poteva fare tutto, forte e potente, e invece
diventando debole non ha potuto fare più niente. Non capisco perché.- Disse
Mario.
In
effetti è poco logico. – Intervenne Edoardo - Io sono bravissimo a giocare a
calcio, sono il più forte della mia squadra e non rinuncerei mai a una partita.
Infatti domani giochiamo e dobbiamo vincere. Ci vieni a vedere Zia Leti?
giochiamo in casa.-
-
Certo perché no? – rispose Zia Leti- Ma torniamo al brano; perché Gesù si è
comportato così? – a quel punto tutti cercarono di dire la loro, ma una voce un
po’ più squillante delle altre si fece sentire: - Perché ci ama. – tutti si
girarono verso Serena e lei ribadì – non può che essere per questo: perché ci
ama. –
- Brava Serena – rispose Zia Leti – Per amore
si è fatto uomo, per amore è arrivato fino in fondo perché nessuno si sentisse
escluso dal suo amore. Per amore ha rinunciato ai suoi privilegi e ha assunto
tutta la debolezza della nostra umanità.-
- Ammirevole, io comunque non lo farei.-
ribadì Edoardo.
- Qualcosa non va, Alex? – domandò Zia Leti, rivolta
ad un ragazzo che era rimasto silenzioso per tutto il tempo.
- E’ preoccupato per la partita di domani-
risposero gli altri per lui – non gioca mai, sta sempre in panchina, d’altra
parte non potrebbe mai competere con Edo -.
-
Già! Io sono il più forte. – Ma nel pronunciare quelle parole Edo sembrava
avesse qualcosa di diverso.
Si
diedero appuntamento per il giorno dopo alla partita.
Nel
pomeriggio della domenica il cielo si presentava sempre grigio, ma almeno non
pioveva. Le due squadre fecero il loro ingresso in campo. La partita sembrava
abbastanza equilibrata, i ragazzi di entrambe le squadre ce la mettevano tutta,
ai bordi del campo le diverse tifoserie esprimevano tutta la foga di cui erano
capaci, qualche genitore urlava più degli altri. Un signore si avvicinò a zia
Leti e le disse - Buongiorno sono il papà di Edoardo, vengo sempre a vederlo
giocare, è davvero il più forte. Ma oggi c’è qualcosa che non va, sta
sbagliando molto e non gli era mai
successo. Ieri sera mi ha parlato dell’incontro che avete fatto; è rimasto
molto colpito. -
Era
ormai iniziato il secondo tempo e il punteggio era fermo sullo zero a zero. A
quel punto Edo zoppicando vistosamente chiese al mister di essere sostituito. Al suo
posto entrò in campo Alex, tra il contento e il preoccupato.
A questo punto
sarebbe bello poter dire che Alex segnò due reti facendo vincere la loro
squadra, ma non andò così. La partita finì zero a zero e Alex uscì dal campo sapendo
di non essere stato particolarmente brillante, però il suo volto era raggiante:
finalmente aveva potuto giocare la sua partita.
Edo
nel frattempo si diresse verso suo padre e Zia Leti. Il padre gli domandò. –
Non zoppichi più, sei già guarito? – Edo inclinò la bocca in un timido sorriso
e il padre lo abbracciò e gli disse: - adesso sì che sei diventato “ più forte
“-. E insieme si avviarono verso casa.
Zia
Leti guardò con partecipazione quella scena e non fece nulla per nascondere la
sua commozione.
Don Marco Carzaniga
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