Roberto Brambilla |
Ecco perché, di seguito, le condivido e le ripubblico anche qui.
Grazie Roberto Brambilla per quello che ha scritto, e poi approfitto per ringraziarti di un'altra cosa che ti dirò personalmente quando forse ti incontrerò. Per ora ti basti sapere che Alice sta bene,oggi ha 26 anni è fidanzata, lavora e presto credo proprio che metterà su famiglia anche lei.
emmesse
19/10/2019
E noi siamo complici.
Oggi si parla ancora con slogan indisponenti del problema migranti. Tempo fa avevo scritto queste righe che oggi mi sembra il caso di postare.Sono stanco di litigi sul problema dei profughi.Stanco di parlare di questo problema in questi termini, che non affrontano le cose vere e nascondono i veri problemi.
Proverò a spiegare come io vedo la cosa.
Credo che parlare dei profughi nei termini che ci sono quotidianamente presentati sia assolutamente fuorviante. Parliamo solo di porti chiusi e di ong.
Ma il problema non è assolutamente questo
Da decenni l’Europa è sede di arrivo di popolazioni che vengono da lontano.
Anzi lo è da millenni.
I longobardi che danno il nome alla mia regione non erano italici.
Ma invasori.
E a loro volta hanno sopportato invasioni e migrazioni continue.
Il mio cognome indica proprio che i miei antenati sono migrati nel milanese, ospiti degli Sforza, fuggendo da una valle.
E negli ultimi tempi abbiamo convissuto (in realtà bene) con molte altre migrazioni.
Quando ero giovane gli strali di molti del nord erano verso i meridionali (i terroni) che “invadevano” il nord. Vivevano in condizioni precarie e occupavano soffitte, cantine e aree che per noi erano meno che tuguri. E per questo li sfottevamo e trattavamo con irritazione.
Poi è stata la volta dei marocchini. Anche per loro abbiamo avuto pronto il nomignolo: erano i “vu cumprà”.
E poi ancora polacchi, rumeni, gente dell’est e poi albanesi........
Tutti in cerca in un posto migliore e di migliori condizioni di vita.
Come i longobardi di millenni or sono.
E io nella mia famiglia porto nel mio DNA il felice peso di tutte le immigrazioni.
Ed ora è la volta dell’Africa
E noi pensiamo che sia sufficiente chiudere la porta e nasconderci dietro, perché il problema di un continente scompaia.
Non so se dire che siamo illusi o solo stupidi.
Come bambini che chiudendo gli occhi pensano che tutto scompaia e che nessuno più li veda.
Ma gli enormi problemi dell’Africa non scompaiono. E noi stiamo solo esacerbando un problema enorme, che rischia di scoppiare.
Intanto rimandare i migranti in Libia non è affatto una soluzione.
Non è una soluzione etica, ma non è neppure una soluzione giusta.
Noi diciamo a gran voce che non vogliamo collaborare coi trafficanti di uomini.
Ma chi sono i trafficanti? Gli scafisti? Certo. Loro lo sono di sicuro. Come gli spacciatori. Colpevoli sia che vendano poche dosi, sia che facciano mercato di morte in grande stile. Ma sappiamo bene che combattere solo il piccolo spacciatore non fermerà mai il mercato e lo spaccio.
La Libia è un paese in guerra. Da li partono il maggior numero di migranti. Che qui arrivano disperati dopo aver viaggiato per mezza Africa, migliaia di km. Uomini, donne, bambini.
In troppi hanno scritto (che inascoltati) il dramma di questi viaggi.
E quando arrivano in Libia vengono stipati in campi, che definire di concentramento e ricordare il passato non è affatto sbagliato.
Le condizioni di questi campi, sostenuti economicamente anche dall’Italia sono ben note a chi vuol ascoltare. E quello che qui succede è ben noto.
E noi siamo complici.
Non solo. Ma se qualcuno da qui fugge, noi vogliamo riportarlo indietro.
E anche qui il triste passato ritorna.
Vogliamo anche aiutarli a non farli fuggire. Potenziando le loro guardie ed aiutandole con le nostre navi.
Ma il problema dell’Africa non si risolve così.
Comprimendo e schiacciano aumenta solo la pressione, che prima o poi scoppierà.
L’Uganda è uno dei Paesi più poveri al mondo, dove si stima che muoiano 505 madri ogni 100.000 parti e 88 neonati morti per 1.000 nati vivi.
Le principali cause della mortalità infantile sono malattie facilmente prevenibili o curabili, come diarrea, infezioni respiratorie acute e malaria.
La malnutrizione, dovuta sia all’impossibilità economica di accedere al cibo sia alla mancanza di educazione alimentare, è responsabile di circa il 30% delle morti infantili sotto i 5 anni.
Nonostante ciò sta accogliendo circa 1800000 profughi.
Le cui condizioni aggraveranno la precaria è difficile condizione di base.
Cosa ci aspettiamo?
Cosa pensiamo che faranno quelli che si salveranno da questo genocidio?
Cosa intendiamo per aiutiamoli a casa loro?
Cosa vogliamo ottenere rimandandoli da dove provengono?
Stiamo solo infoltendo le schiere dei disperati che cercheranno nella ribellione e nella violenza la facile soluzione.
Terreno fertile per la propaganda del terrorismo.
Che vede nei paesi ricchi solo il disprezzo ed il rifiuto.
Si è vero. Non vedremo mai sui barconi le immagini di quei bambini denutriti e moribondi.
Quelli sono già morti.
Non hanno avuto alcuna possibilità di sopravvivere.
Noi gliela abbiamo negata.
Abbiamo sfruttato le loro risorse, il rame, l’oro il coltan, li abbiamo lasciati più miseri di prima.
E ora rifiutiamo anche loro.
E non mi si dica non possiamo accoglierli tutti.
Al di la della accoglienza di quella piccola percentuale che riesce ad arrivare sulle nostre coste, cosa abbiamo fatto fin ora per risolvere i loro problemi la dove vivono e per dar loro una possibilità di vita e di decoro.
La possibilità di crescere e di essere liberi e felici li dove sono nati.
E’ quello che vorrebbero anche loro.
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