martedì 22 marzo 2016

Una lettera per Zia Leti - Don Marco al secolo Keatz

Della serie: "L'insostenibile leggerezza delle parole (Parabole) di Don Marco, al secolo Keaz."


Don Marco - il mio amico Keaz
La donna in divisa blu e gialla la salutò e dopo averle consegnato la busta sigillata si allontanò proseguendo il suo giro; Zia Leti rimase ferma sulla soglia con in mano quella lettera. Sapeva bene chi l’aveva inviata, non solo perché si leggeva chiaramente il mittente, ma perché la calligrafia le era familiare. Rientro in casa, il suo animo era sospeso tra lo stupore e l’emozione, aprì la busta con delicatezza come se avesse paura di sciuparla e iniziò a leggere.

“ Cara Zia Leti,
     è passato tanto tempo dal mio trasferimento e ancora di più da quella drammatica vicenda; penso, perciò, che questa mia lettera ti sorprenderà non poco, aggiungi che le lettere scritte a mano sono ormai cosa rara, ma io sono un po’ antico e poi mi sembra che una penna e un foglio sappiano custodire meglio l’intimità. In questi giorni ripensavo alla mia storia e soprattutto a quel momento in cui, in modo del tutto improvviso, la morte e tutto quanto trascina con sé mi toccò  da vicino, anzi direi che mi urtò con violenza. Fu come essere preso in un gelido abbraccio che porta a precipitare dentro ad un dolore insopportabile, per rimanere poi abbandonato nella solitudine. Alcuni dicono che la morte sia una maestra che insegna molte cose, a me sembrava solo spietata nel pormi domande e interrogativi per poi lasciarmi senza le risposte, dando continui giri di vite alla morsa dell’ impotenza che stringeva sempre di più. Perfino quel mio continuo pregare appariva inutile, come se le mie parole incontrassero solo vuoto e silenzio senza raggiungere nessun risultato. Il tutto reso ancora più pesante dal ruolo e dal compito che avevo; dovevo parlare, ma non avevo le parole, spiegare, ma faticavo a trovare ragioni e risposte.
Ricordo, però, benissimo le tue parole, pronunciate in quella lunga chiacchierata; sono rimaste in me, contribuendo a darmi un po’ di calore e di luce: - Gesù non è venuto per evitarci la morte e le sue conseguenze, ma per entrare nella nostra morte, sia fisica che interiore, e morire con noi. Ha voluto raggiungerci nel punto più profondo, nel quale la morte può trascinarci e da lì accompagnarci nella vita che con la sua risurrezione ci dischiude, nella vita eterna. Possiamo solo stringere quella mano che ci tende, fidarci e affidarci. – Tante volte avevo predicato queste cose, ma in quel momento le sentii dette a me e per me, ho capito anche cosa intendevi  quando mi dicesti che per risorgere bisogna accettare di morire e che si può accompagnare qualcuno solo dove si è già stati.
Ho smesso, allora, di cercare una spiegazione solo dentro i miei ragionamenti, lasciando, invece, che fosse la Parola del Vangelo a illuminare e spiegare la vita in ogni suo momento, l’unica parola capace di mettersi  accanto a chi è provato dalla sofferenza e scaldandogli  il cuore riaccendere la speranza. Pian piano comprendevo che tutto ciò che avevo vissuto, il dolore, gli interrogativi e, ancor di più, le mie preghiere non erano caduti nel vuoto, ma che tutto era stato custodito con amore infinito da Chi ha saputo portare su di sé il peso che ci opprime e nella sua morte e risurrezione ci ha riportati a casa…”
Zia Leti smise per un attimo di leggere e, con gli occhi umidi per la commozione, pensò ai discepoli di Emmaus, che trasformati dall’incontro con il Risorto fecero ritorno a Gerusalemme per portare agli altri discepoli la Buona notizia della risurrezione del Signore Gesù. Riprese subito la lettura.
“…  come ho potuto constatare nessuno può dirsi immune da tutto ciò e anche un prete ha bisogno di essere riportato a casa. Tra pochi giorni è di nuovo Pasqua e sarò chiamato ancora una volta a dare l’annuncio della risurrezione. La vita dei fratelli e delle sorelle che avrò davanti è già stata toccata, o forse lo sarà, dal mistero della morte; ciò che chiedo nella preghiera è che quell’annuncio possa risuonare in ciascuno di loro e che là, dove ha scavato il dolore, trovi posto la gioia.
A questo punto mi rimane solo di dirti grazie e di augurarti una buona Pasqua….e spero a presto.
Cristo è risorto.
Tuo
Don Clemente “

Zia Leti ripiegò la lettera e nel suo cuore rispose: - E’ veramente risorto. – Poi  sorrise e in quel sorriso c’era la sua Pasqua.

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