giovedì 22 dicembre 2016

Zia Leti e un presepe molto particolare.Di Don Marco - Ketz

Della serie: "L'insostenibile leggerezza delle parole (Parabole) di Don Marco, al secolo Ketz."



Le grida e le risate dei ragazzi riempivano la stanza, seduti in cerchio non riuscivano né a stare fermi né, tanto meno, a stare zitti. Zia Leti li osservava compiaciuta, la loro vivacità la rallegrava sempre. Decise comunque di intervenire per comunicare  il motivo del loro ritrovarsi. Ottenuto il silenzio disse: - Ragazzi siamo qui perché abbiamo ricevuto il compito di fare il presepe, abbiamo campo libero, quindi fuori le idee!-
Un ragazzo alzò la mano. – Mario dì pure! – lo esorto Zia Leti.

-         Perché si fa il presepe? –
-         -Chi è stato il primo a farlo? – Intervenne una bambina di nome Sara
-         Il primo è stato San Francesco, lo fece però non con le statuine , ma con le persone. Volle aiutare la gente a contemplare il mistero del Natale: il Figlio di Dio che si fa uomo, Gesù, che viene nel mondo, entra nella storia come un bambino.-
-         Ma se Dio è onnipotente – disse Alex – non poteva scegliere un modo un po’ più forte e grandioso?-
-         Dio ha scelto la via della debolezza per manifestarsi; un bambino ha bisogno di tutto, non è autosufficiente. Dio ha una totale fiducia nell’uomo e si consegna interamente nelle sue mani, chiede di essere accolto, amato, ha chiesto a un papà e a una mamma di prendersi cura di lui. Ci insegna ad amare chiedendoci di amarlo, ci infonde fiducia dandoci fiducia, non si comporta come un prepotente, ma umilmente si affida alle nostre premure. Oggi come allora non viene con la pretesa di cambiare il mondo, ma con la semplicità di voler stare in mezzo a noi e donarci la sua vita. –

Intervenne una ragazza , Olga, e disse: - E’ venuto solo per i buoni o anche per i cattivi? –
- E’ venuto per tutti – rispose  Zia Leti – soprattutto per i più poveri, i più deboli, per chi si sente solo e fragile, per dare speranza a chi soffre. Per dire a tutti che siamo figli di Dio, infinitamente e teneramente amati da Lui. –
A questo punto Diego, un ragazzo particolarmente vivace disse: - Io ho un’idea: mettiamo nel presepe degli oggetti che rappresentino un po’ di situazioni belle .  Ad esempio dei giochi, disegni con persone che si vogliono bene, mani che si stringono in segno di amicizia, un po’ di colori per significare le diverse popolazioni del mondo.-
- Si buona idea- rispose Chiara- però mettiamo anche qualcosa che indichi che nel mondo ci sono anche delle situazioni tristi, che fanno soffrire le persone, come la guerra, le ingiustizie , le malattie, l’egoismo .-


Allora iniziarono a mettere nel presepe dei piccoli mattoni rotti per simboleggiare le case distrutte, soldatini e armi per indicare la guerra, denaro finto per rappresentare l’avidità e l’ingiustizia, insieme alle tante altre cose che avevano detto. In mezzo ci posarono Gesù Bambino.  

Zia Leti osservava, affascinata dall’opera di quei ragazzi. Il tutto sembrava disordinato, pieno di contraddizioni, esattamente come è il nostro mondo, ma la statuetta di Gesù Bambino, lì nel mezzo esprimeva, in modo particolarmente evidente, che Dio non si era stancato dell’umanità, che ancora insisteva nel voler abitare in questo nostro mondo, nella nostra storia, per rivelare ancora una volta il suo amore fedele. 

Pensò che forse qualcuno vedendo quel presepe l’avrebbe definito solo una grande confusione, qualcun altro un po’ tradizionalista avrebbe sottolineato la mancanza dei soliti personaggi, ma quei ragazzi avevano compreso il senso profondo delle parole dell’evangelista Giovanni: “ il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta.” 

A quel punto non riuscì a fare a meno di applaudire e gridare: -Bravi ragazzi.- Mentre nella sua mente risuonava una frase che aveva sentito molti anni prima: “Questo tuo amore incarnato ci fa sentire senza fine la sue voce di speranza.”

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