I Vangeli della Settimana Santa sottolineano, in maniera crudele, il non capire dei dodici.
Pare quasi che gli evangelisti ci trovino gusto a calcare la mano su questa ottusità che, se umilia gli Apostoli, toglie al Signore ogni umano conforto per la Pasqua vicina.
Non si pensi che il loro non capire provenga da scarso affetto verso il Maestro. Gli vogliono bene alla loro maniera e, proprio per questo, gli vogliono bene in maniera sbagliata, pretendendo di fermarlo sulla strada della Pasqua. Il nostro cuore quando vuole bene, come vuole bene il nostro povero cuore, domanda l'esenzione, credendo che anche per le creature del nostro amore sia scritto: "Egli darà ordine ai suoi angeli di custodirti in tutti i suoi passi. Sulle loro mani ti porteranno perchè non inciampi nella pietra il tuo piede"(Sal 90,11-12).
Così i nostri piccoli amori stabiliscono gli itinerari e tracciano persino a Dio le strade che loro convengono.
Il Signore non mostra né sorpresa né indignazione. Accetta la cecità spirituale dei discepoli, mentre guarisce subito il cieco di Gerico, il quale però sapeva di non vedere.
Gesù accetta di non essere capito nemmeno dai suoi e con questi si dispone a salire verso la Pasqua.
Incomincia l'agonia che durerà fino alla fine dei secoli. Lasciare morire il Maestro senza muovere un dito per salvarlo: rinnegarlo, venderlo, abbandonarlo...sono fatti paurosi. Ma questo non capire perchè il Cristo salga verso la Pasqua è un tradimento già consumato.
Quanto Egli sta per donarci, il suo dono che non ha eguale,è una generosità superflua, qualcosa di perduto che lo diminuisce nella stima dei suoi, che non vogliono essere impegnati dalla strada del Maestro.
Per questo noi diciamo che Giuda è nostro fratello.
Non vergogniamoci di assumere questa fratellanza. E chiamandolo fratello, noi usiamo il linguaggio di Gesù.
Io non mi vergogno perchè so quante volte ho tradito il Signore.
Noi possiamo tradire questa amicizia molte volte, magari sempre. Il Signore, no. Noi siamo sempre davanti ai suoi occhi, nel suo cuore. Noi come Giuda, siamo, continuiamo a essere "gli amici del Signore".
E' proprio l'aspetto esemplare, e quindi impegnativo delle strade percorse dal Maestro che ci indispone e non ci lascia comprendere la Pasqua.
Le cose importanti si possono capire con l'intelletto, ma le cose dure da farsi il cuore non vuole comprenderle.
Più che l'incapacità della nostra mente (tutti noi diciamo di credere!) scontiamo la ripugnanza del nostro cuore, che spinge la volontà a serrare la porta, fino a parere insensata.
"Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei Profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?".
Il Signore sa che questa stoltezza è legata alla nostra condizione umana; una pigrizia che facilmente non si desta; così ogni volta che ci vedremo impegnati per il soffrire di un altro saremo tentati di negare ogni senso al soffrire e ogni impegno alla Pasqua.
Ma è proprio da questo soffrire non capito, da questo parlare oscuro che veniamo presi, scelti per il Regno di Dio e portati ad assumere gli impegni.
Cristo, per aprirmi gli occhi, ha reso evidente la sua Passione in ogni creatura. Ecco perchè capire la Pasqua è assai costoso per me e per tanti.
Non capiscono gli Apostoli: non capisce Pietro, che pretende di fermare il Maestro che vuole salire a Gerusalemme per essere crocifisso; non capiscono i due discepoli di Emmaus; non capisco io...
Ed ecco, sulle strade di quaggiù continuano a camminare dei "poveri insensati e tardi di cuore", fino a quando il Pellegrino di ogni strada, che è Dio e che porta nel suo corpo glorioso i segni della sua Pasqua, accostandosi alla povertà di ognuno, consumerà-brucerà, facendoci ardere il cuore, le tappe di un'esperienza che da sola non basta a convincerci della resa davanti alla Pasqua.
Maurizio Bidoglio
Tratto da -Lampada per il cammino - edizioni centro ambrosiano.
Don Maurizio Bidoglio - Varese 01/06/1954, Sulbiate 31/03/2003.
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