Il disagio dell'essere adolescenti è una prova che tutti nel bene o nel male abbiamo dovuto superare per diventare ed essere quello poi siamo diventati. Per chi sta crescendo ogni luogo, ogni epoca , ogni generazione ha le sue grandi o piccole difficoltà.
"Scappo di casa" di Ivan Graziani è tra le poche canzoni che efficacemente raccontano, il problema dell'essere adolescente e l'incomunicabilità che generalmente si manifesta nei confronti dei genitori o degli adulti in genere.
La musica sincopata del brano trasmette lieve ansia, leggerezza, insicurezza e sembra quasi voglia comunicare incertezza e scandire il tempo della fuga del giovane protagonista che dopo 20 giorni si vede costretto a ritornare a casa ed affrontare la madre che neppure lo ha cercato. Non è una sconfitta perché il ragazzo, anche se apparentemente non ha vinto, ha fatto esperienza di vita, e anche se non ha ancora capito se "il diavolo cresce nel ventre delle donne" ormai è sulla buona strada.
D'altra parte "tra persone civili ci si intende sempre".
Tutto questo nel tempo di una breve canzone: ecco il genio di Ivan Graziani.
emmesse, 15 apr 2023
Scappo di casa - Ivan Graziani - Pigro 1978
Testo e appena possibile anche accordi
RE LA SI-
Venti giorni di fuga e neanche un appello per radio SOL
Evidentemente mia madre MI- LA
Non è neanche una buona padrona MI- SOL/SI-
Perfino per i cani smarriti SOL. SI- LA
Si fanno appelli per radio LA SOL
Ma io no, non ho imparato a leccare bene la mano RE
Di chi mi dà da mangiare
E la mia cara mamma Mi ha voluto grasso ed eunuco "Non andare con le donne", diceva "Hanno il demonio nel ventre Io sarò la tua unica donna Come il serpente che si morde la coda L'ignoranza nel sesso è la base per vivere felici"
Il dottore vicino di casa ammassava quattrini Nel suo cappotto di cammello Non c'era posto per la mia adolescenza "Il ragazzo deperisce", diceva "Saranno gli esami di stato" Ma la mia mente volava ogni giorno Sulle gambe della segretaria di scuola
Venti giorni di fuga E neanche un appello per radio E in questo bar sotto casa Io mi bevo il mio cappuccino Liscio, liscio e il peccato marcisce Nella mia cartella di foca Tra le calze, le mutande, le scarpe e il dentifricio
Quella rossa che continua a fissarmi Abbracciata al suo uomo Sarà così che il diavolo le cova nel ventre Quasi, quasi le domando se è vero Non ci sarebbe niente di male, "tra persone civili" Come diceva la mamma, "ci si intende sempre"
E allora perché quel suo grosso individuo mi chiama balordo? Vuole spaccarmi la faccia se non mi tolgo fuori dai piedi E intanto il padrone del bar vuole che paghi il mio cappuccino Mi coprirò con le braccia la testa, come facevo da bambino
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