martedì 23 febbraio 2016

Parabola n.2 - Don Marco al secolo Keatz.

Della serie: "L'insostenibile leggerezza delle parole (Parabole) di Don Marco, al secolo Keatz."

Una benefica camminata per Zia Leti

Gli occhi le brillavano nel contemplare quella meraviglia della natura: l’intensità dei boschi e dei
prati che, quasi immediatamente,  cedevano il posto alla roccia, la quale  sapeva assumere forme sempre diverse, ogni volta che si cambiava il punto di osservazione. La vista di quelle splendide montagne le dava la sensazione di un riposo interiore, anche  se la stanchezza del suo corpo cominciava a farsi sentire. Decise, pertanto, di fare una sosta e dopo aver appoggiato a terra lo zaino  si sedette su un grosso sasso. Era assorta nei suoi pensieri quando vide arrivare un gruppo di giovani che con passo deciso percorrevano il sentiero e dietro  loro un volto familiare. Si alzò di scatto e le andò incontro e dopo un lungo e caloroso abbraccio disse: - Anna! Quanto tempo è passato? Come stai? –
-Bene e tu? – rispose l’amica – Chi l’avrebbe detto che ci saremmo riviste proprio su queste montagne! –
- Ho visto che sei con un gruppo di giovani, sempre alle prese con loro…-
- Si, stiamo trascorrendo una settimana insieme; vita comune, preghiera e confronto. Loro stanno operando un serio discernimento sulla loro esistenza, potremmo chiamarla settimana vocazionale. Se vuoi puoi unirti a noi, il tema di oggi è: la montagna e i suoi sentieri come metafora del cammino di fede. –
-Volentieri, soprattutto per sentire dei giovani che riflettono e comunicano intorno a questi argomenti. –
Raggiunsero insieme il gruppo e dopo un’altra ora di cammino arrivarono a destinazione, si sedettero in cerchio, intorno a loro uno splendido anfiteatro di montagne. Subito uno dei giovani disse. – Anna non ci presenti la tua amica? –
Certamente  – rispose – lei è Leti, o come la chiamano tutti Zia Leti, Ci conosciamo da tanti anni e abbiamo condiviso molti momenti e grandi camminate su questi monti.  Ma cerchiamo di non disperderci e iniziamo a mettere in comune le nostre riflessioni. Ricordiamo bene il tema di oggi? –
Risposero in coro di si. Una ragazza cominciò: - Per me un’escursione in montagna può essere l’immagine del nostro vivere da discepoli di Gesù, del cammino della nostra vita di fede. Il desiderio di arrivare in cima è la motivazione della nostra partenza e lo stesso desiderio ci spinge a camminare. La prima parte è nel bosco, c’è ombra e non si vede altro che piante; poi, man mano che si sale, si vedono le montagne prima nascoste dalla fitta vegetazione, la vista del panorama si allarga, ad ogni passo si vede e si comprende sempre di più e quando, finalmente, si raggiunge la cima si ha la sensazione di abbracciare la terra intera.
-                     Certo – aggiunse un altro – anche la fatica ha il suo significato, essa deve essere messa in relazione a tutto il resto, è parte del cammino, ma non è il tutto del cammino, ciò che posso contemplare è molto di più della stanchezza che posso sperimentare. –
Dopo di loro intervenne un giovane che non nascondeva la sua spossatezza – Quando mi manca il fiato sono costretto a stare in silenzio e questo mi offre la possibilità di riflettere, sulla mia vita, sulle mie relazioni e ripensare alle parole che ascolto. –
-                     Condivido tutto – continuò un’altra – e aggiungo che il momento in cui si arriva in cima è entusiasmante, ma, nello stesso tempo, sento come una spinta a tornare giù per raccontarlo agli altri, perché una cosà così bella non la si può tenere solo per se stessi. –
Zia Leti ascoltava con interesse, quei giovani desideravano vivere davvero, non lasciarsi vivere, volevano scegliere la propria vita e non subirla da altri, capivano che solo Gesù poteva riempire la loro esistenza. In quelle metafore montane s’intuivano i tratti di un discernimento spirituale e una disponibilità a lasciarsi condurre dallo Spirito. Anche nel Vangelo tre discepoli come loro ebbero un’esperienza straordinaria proprio su una montagna: Gesù si manifestò in tutto il suo splendore divino, tra Mosè ed Elia, rivelandosi come colui che portava a compimento il disegno di salvezza del Padre.
Anna, come se le avesse letto nella mente, disse: - Ciascuno di noi, grazie allo Spirito Santo, è chiamato a trasfigurarsi in Cristo, cioè a riconoscere l’impronta divina che porta in se stesso, ritrovando nell’essere figlio di Dio la bellezza della propria vita e la gioia di sentirsi parte di una fraternità generata dall’unica paternità di Dio. Siamo stati creati e redenti per vivere, non in modo mediocre, ma straordinario. Se ci fidiamo e ci affidiamo il Signore è capace di fare della nostra esistenza un capolavoro.

Don Marco - al secolo Keats
Conclusero  quel momento tanto intenso con una preghiera comune e dopo aver consumato il pranzo che si erano portati presero la via del ritorno. Zia Leti pregò nel suo cuore per ciascuno di loro; davvero il posto del discepolo è in mezzo a quell’umanità verso la quale stavano tornando, di ogni discepolo Gesù ne fa un apostolo. La vita che quei giovani avevano davanti, avrebbe portato con sé tante meravigliose sorprese e lo Spirito Santo li avrebbe aiutati a riconoscere dentro ad ogni sorpresa i segni dell’amore di Dio. E disse a bassa voce: - Signore sostienici nel nostro cammino, perché non è detto che a scendere si faccia meno fatica che a salire. -

Don Marco 


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Una buona dormita per Zia Leti clicca qui 

1 commento:

  1. Don Marco è il mio Prete (preferito) e non perchè fuma il sigaro. No, è il mio prete perchè con lui insieme a Emanuela abbiamo celebrato il primo matrimonio della nostra vita. ... io poi mi sono fermato lì, ma lui no!

    ....ne ha celebrati molti ma molti di più.

    Eh sì, già ai tempi dell'oratorio, Keats ha sempre avuto un fisico più tosto del mio! :-)

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